Ci sono cose di cui non ho mai scritto. Di Fidel occhi neri, ad esempio.
O di Craig gambe di fenicottero.
Sono dolori grandi, cose che non so raccontare. Che a stento provo a supporre.
Di come affrontasse la notte, ogni notte, con quel corpo che sembrava di vetro. Fragile e invecchiato. E un viso da bambino intelligente con troppe rughe per essere vero.
Si incamminava lungo il viale che costeggiava il college, Craig gambe di uccello.
In compagnia dei suoi occhiali sporchi che creavano un mondo a scalini, un prima e un dopo, un forse e un mai più. Restava fuori fino a notte inoltrata, passeggiando come per smaltire i ricordi, fino a stancarsi e avere male dovunque.
Poi rientrava e studiava.
Lo spiavo a volte nelle serate in biblioteca, seduto da solo. Così alto da doversi curvare sul dizionario. Così magro da doversi piegare oltre il limite del dolore.
Lo guardavo nelle domeniche pomeriggio, quando le madri ci affidavano i loro bambini e con la sua parlata a scatti riusciva a farli ridere a crepapelle, nonostante la lingua diversa.
Col tempo imparai a parlargli, quando il mio inglese divenne meno maldestro e il suo sguardo meno sfuggente. Sedeva in punta alla sedia e si dondolava con un moto continuo, tormentandosi le mani, aggrappandosi a volte alla pelle del viso come a strapparla giù, con gli occhi stretti e la bocca tirata in una smorfia.
In alcuni momenti solo, con i palmi appoggiati alle orecchie, come a proteggersi da boati di guerra.
Solo. Sminuzzando il cibo con precisione maniacale, quasi a disegnare una mappa, come a isolare pezzi di pensieri perché restassero fuori di lui. Mangiava pochissimo.
Ci sono storie che non so raccontare, per quanto i visi e le voci non smettano di tornarmi alla memoria.
Come quando mi invitava da lui e mi mostrava la foto di una bambina. Capelli neri e occhi come stelle. Fogli di carta zeppi di disegni infantili, tratti maldestri. La scuola, un ananas, lei che fa pipì, i bagliori nel cielo, chicchi di riso. La bambina con cui parla francese. Con cui impara i nomi della frutta, delle piccole cose di ogni giorno, seduto sulla terra battuta che gli resta appiccicata dovunque.
La bambina che lo hanno mandato a uccidere.
Giorni passati tra le macerie della scuola, nel villaggio, per recuperare quel poco che restava di lei.
Con la voce simulava le bombe, con le mani disegnava la coltre di fumo.
Poi scoppiava a piangere e tremando intonava una nenia. Era il momento di metterlo a letto, di accarezzargli la testa ispida e dirgli che era tutto finito. Che non era più a Saigon. Che era tutto finito.
Mentre in realtà era appena cominciato.
aprile 26, 2005 alle 10:40 PM |
Sei cosi’ brava….mi hai fatto venire gli occhi lucidi
Un bacio
ghita
aprile 26, 2005 alle 11:34 PM |
Ecco, non ero mai stato qui. Peccato. O forse sorpresa. Brava. Scrivi bene. Torno.
Henry
aprile 27, 2005 alle 12:36 am |
‘Sedeva in punta alla sedia e si dondolava con un moto continuo, tormentandosi le mani, aggrappandosi a volte alla pelle del viso come a strapparla giù, con gli occhi stretti e la bocca tirata in una smorfia.’
Mi è piaciuta moltissimo questa descrizione.
Oggi non mi decido ad andare a letto, anche se ho sonno. A volte mi cà pita che andare a dormire per me è una specie di sconfitta, come se avessi lasciato qualcosa in sospeso. Ma in realtà non ho lasciato nulla in sospeso, a parte la vita.
Meglio essere solo, certe volte, perché se qualcuno mi abbracciasse mi arrenderei alla mia tenerezza, a questa specie di pianto che mi preme dietro gli occhi e mi tocca a mordermi le labbra per non farlo uscire. e dopo a ripensarci mi sentirei debole, e forse me ne vergognerei. meglio fumare una sigaretta giù in cucina, nella luce cruda, col ronzio del frigo in sottofondo.
perché faccio così? che c’entra, adesso? be’, se mi perdòno da me, che son così severo, perdonami anche tu. tieni, ti do un chicco di uvetta.
buonanotte
aprile 27, 2005 alle 12:44 am |
sarei bugiarda se dicessi che non mi fa piacere un complimento o un apprezzamento. ma a volte non è questo.
penso che esistano ricordi che si devono raccontare per rendere giustizia a chi è esistito.
io posticipo sempre, mi costa fatica e un senso di nausea. una voce che mi dice di rimandare, di lasciare a decantare, a volte per anni.
però poi mi sento più lieve e vado a letto contenta, felice di aver restituito una cosa al mondo.
se soltanto mi fermo un momento a rifletterci mi viene in mente che avevo scelto il lavoro che faccio per poter andare in giro e raccogliere questi frammenti. poi le cose prendono sempre pieghe diverse, percorsi non immaginati. e anche io mi sento un po’ come quel chicco d’uva.
andiamo a dormire, va’.
aprile 27, 2005 alle 12:46 am |
Ciao flounder, mi ha toccato quello che ho letto, questa sicuramente non è una delle cose che non sai raccontare.
*Gurb
aprile 27, 2005 alle 6:39 am |
toucheé
aprile 27, 2005 alle 9:01 am |
Fidel?
aprile 27, 2005 alle 9:46 am |
Nemenzo, filippino. combattente.
aprile 27, 2005 alle 9:50 am |
minchia che brivido!
aprile 27, 2005 alle 10:20 am |
che bello… prima o poi, ti proporrò io un gioco di scrittura, quando riuscirò a mettere a fuoco un’idea che mi frulla in testa da un po’! 🙂 z
aprile 27, 2005 alle 10:56 am |
anche a me è capitato di ripescare tra i ricordi fatti e persone. forse non per rendere giustizia a loro, ma per dargli un senso, a quei fatti e a quelle persone, un valore “oggettivo”, anche se personalizzato secondo la mia sensibilità . per farli uscire, almeno in parte, dal limbo informe della memoria. mica lo so se mi sono spiegato.
aprile 27, 2005 alle 11:10 am |
ti sei spiegato.
ma ho perplessità sull’oggettivo.
diciamo piuttosto che forse è un desiderio di universale
aprile 27, 2005 alle 12:20 PM |
sì, universale… il senso è quello, anche se come termine suona un po’esagerato.
aprile 27, 2005 alle 1:10 PM |
nickeli’, non cominciamo ad aver paura delle parole. universale non ha nulla di esagerato. è umano, è qualcosa che cerca incontro e condivisione.
oggettivo mi fa più paura, e per due motivi. la paura di prendere posizione, da un lato e paradossalmente, dall’altro, il delirio di onnipotenza connesso alla pretesa di imparzialità .
è un bisticcio che ho spesso con mia sorella, quando mi rimprovera di non saper raccontare i fatti crudi, quelli suffragati da cifre e dati, i cosiddetti fatti obbiettivi.
comunque ci siamo capiti, terminologia permettendo 😀
novembre 22, 2018 alle 6:21 am |
mi piace questo commento
aprile 27, 2005 alle 2:32 PM |
che emozioni che trasmetti….e le chiamano solo parole…
aprile 27, 2005 alle 2:39 PM |
…posso dirti qualcosa di negativo così solo per andare controtendenza?
🙂
tipo che ne so… che però ste virgole le potresti anche fare un pò più curve?
sempre io la queen della praivasi!!!!
aprile 27, 2005 alle 2:42 PM |
anna, bellissima.
certi giorni mi manchi assai. è per questo che le virgole mi vengono dritte.
aprile 27, 2005 alle 2:43 PM |
ecco non dirmi così che mi commuovo… hai visto mai che prima o poi ti telefono pure….
:**
aprile 27, 2005 alle 2:46 PM |
sì, da una linea blindata, con uno di quei filtri che servono a contraffare la voce…
(a volte mi viene da mandarti a quel paese)
aprile 27, 2005 alle 2:49 PM |
ahahahah puoi farlo! dai che mi sono pure sbottonata!!!
aprile 27, 2005 alle 2:50 PM |
zerbina…ahahahaha
(lo sai che qualche giorno fa ci ha riprovato? ma ero presente e mi sono sfogata assai)
aprile 27, 2005 alle 2:52 PM |
Suvvia, i fatti obiettivi esistevano ai tempi di Newton, forse. Se continuano a esistere è per il bisogno di semplificare, categorizzare, abbioccarsi su un materassino gonfiabile di sanità mentale che va alla deriva secondo tracciati imprevedibili. La stessa sanità mentale è un anacronismo, un rigurgito di antropocentrismo che ci permette di mantenere la nostra splendida postura eretta. Dalla mia prospettiva il sole potrebbe girare attorno alla terra, invece gira attorno a me. Questo è un fatto obiettivo: l’ho appena oggettivato e non è incoerente rispetto alle mie categorie di pensiero che associano tra l’altro l’oggettività al grado di predittività ingenua (per distinguerla da quella scientifica che non c’entra un cazzo) e possibilità di connotazione dell’evento contemplato.
Il racconto non mi ha dato i brividi, ma è scritto bene. Concordo con binario sull’efficacia della descrizione da lui menzionata. Il ricorso all’espediente del ‘non so raccontare’ mi lascia perplesso, sebbene possa avere una marginale funzione -oh, che sublime contraddizione!- oggettivante rispetto al ricordo che, tuttavia, nella riduzione narrativa è condannato a patire ridimensionamenti che lo rendano comprensibile all’altro da sé. Ma ciò è talmente lapalissiano da rendere del tutto superfluo il ‘non so raccontare’.
aprile 27, 2005 alle 2:54 PM |
ci ha riprovato a fare cosa? a darmi della zerbina o a fare il gs con te?
aprile 27, 2005 alle 2:54 PM |
clim, non era un espediente. e nemmeno un tentativo maldestro di falsa modestia. ma è proprio che sulla scrittura lieve le parole scorrono, su quella affettiva mi fa fatica e peso. e il risultato non rispecchia nemmeno la più piccola parte del ricordo.
oggettivamente parlando, per intenderci.
aprile 27, 2005 alle 2:55 PM |
a dare della zerbina, questa volta a elena e chi si trovava.
aprile 27, 2005 alle 2:55 PM |
ma perchè non mi mandi una mail e facciamo prima???
aprile 27, 2005 alle 2:55 PM |
(della serie si fanno tutti i cavoli nostri?)
aprile 27, 2005 alle 2:56 PM |
magari domani.
non èun resoconto degno di mail.
aprile 27, 2005 alle 3:07 PM |
ovvio che non rispecchi nemmeno la più piccola parte del ricordo. Quello l’ho scritto io. Dimmi cose che non so, per favore. Oppure stai zitta.
aprile 27, 2005 alle 3:08 PM |
beh non volevo una mail sullo zerbino! mi interessa di più sapere come stai e che combini, se e quali novità ci sono!
il gs che si fotta lui e tutta la catena sui generis
aprile 27, 2005 alle 3:08 PM |
Sto scherzando, oggi non sono polemico. Solo un po’ scemo. (non solo oggi)
aprile 27, 2005 alle 3:08 PM |
chi è elena? già mi hai rimpiazzata?
aprile 27, 2005 alle 4:33 PM |
la piantate voi due con queste isterie?
fatevi baciare.
(elena è mù. clim, lo so che lo hai già detto: ti citavo..eheheh)
aprile 27, 2005 alle 5:07 PM |
Giappone un paio d’anni. Raccontare per ore… Io ascolterei o leggerei più che volentieri. Continuerei comunque a non capirci na mazza, ma il puzzle procederebbe un po’.
Scusate non c’entra un c**** questo commento qui… lo so che è OT…
Nico
aprile 27, 2005 alle 7:23 PM |
a noi piacciono gli OT
aprile 27, 2005 alle 7:32 PM |
secondo me c**** vuol dire cazzo.
Ti regalo una cosina di Cortazar:
“Pensare che morirò senza aver visto
sulle prime pagine dei giornali
la notizia delle notizie
-è caduta la torre di Pisa!-,
è triste, a ben guardare.”
Ciao 🙂
aprile 27, 2005 alle 7:40 PM |
ciao clim.
adoro cortazar. immagino che tu lo sappia
aprile 27, 2005 alle 7:41 PM |
(e se invece di cazzo volesse dire canto o carro ?)
aprile 28, 2005 alle 10:05 am |
io per “oggettivo” questo: per esempio ho il ricordo di una lite con un amico e me lo tengo dentro, fa parte della mia memoria, ed è confuso. lo descrivo e per farlo sono costretto a dargli un senso compiuto, a renderlo più o meno fruibile, a caratterizzare il mio amico come personaggio, a fornire un contesto, a dare uno svolgimento, a imprimere un ritmo narrativo, a utilizzare un certo “stile”… cioè a inserire quell’episodio, di per sé instabile, suscettibile a cambiamenti com’è un ricordo, in una dimensione che è quella della parola su pagina, che lo ferma lì, come una specie di monumento, che la gente mentre va si può fermare a guardarlo, a osservarlo. oggettivo in questo senso, com’è oggettivo un quadro, o una statua ecc. che poi possa essere interpretato in modi diversi è un altro discorso. ecco perché forse “universale” è improprio. perché se tu appendi un quadro alla parete, dieci persone che lo guardano hanno dieci percezioni differenti. alcune più simili, forse per la maggior parte simili, ma non uniformi.
aprile 28, 2005 alle 6:24 PM |
ne vien fuori una disputa infinita.
un quadro è oggettivo come oggetto, ma è soggettivo nella sua rappresentazione del reale.
ci troviamo?
aprile 28, 2005 alle 9:41 PM |
tic tac tic
tac tic tac
tic tac tic
tac tic tac
tic tac tic
tac tic tac
driiiiiinnn
sognato d’istinto
era un lamento?
no era un commento
aprile 28, 2005 alle 9:49 PM |
va bene, troviamoci. ma tu dove abiti?