Ultimo anno di università. Frequentavo un corso in cui eravamo solo tre allievi: io, il mio amico Mauro e una che forse si chiamava Velia. Alle due del pomeriggio, direttamente nella stanza del professore, che per un paio d’ore due volte alla settimana ci faceva riempire blocchi di appunti.
Era bellissimo questo professore qui. Più che altro aveva una bella voce, un modo di esprimersi perfetto e completo, che quando scrivevo entravo in stato totale di trance.
E non staccava mai gli occhi da me, mai, con uno sguardo così irritato che non riuscivo a darmene ragione.
Della sua vita privata sapevo solo che era divorziato e in seconde nozze aveva sposato un’americana di colore, tanto intelligente quanto brutta. Voci di corridoio.
Era talmente arrabbiato e ostile nei miei confronti che mi dissuase dal chiedergli la tesi, sebbene ci tenessi molto. Quando proposi l’argomento gli vidi un guizzo di curiosità illuminargli la fronte. Lo represse all’istante: cerchi qualcun altro, non ho tempo.
Ma se ha solo tre allievi!
Per lei non ho tempo.
All’esame non ebbe un briciolo di umanità e mi tartassò per oltre un’ora su un programma vastissimo. Lì persi le staffe e gli dissi che era ingiusto, che avevo seguito tutto il suo corso, fatto approfondimenti non richiesti e lui lo sapeva benissimo.
Rispose soltanto: non farò preferenze per nessuno, tantomeno per lei.
Lo incontrai qualche anno dopo, in un corso post-laurea. Alle selezioni fece di tutto per boicottarmi, senza riuscirci. Durante tutto il corso mi trattò con sfida alternata a disprezzo, sempre pronto a umiliarmi pubblicamente nonostante i volti alti.
E poi un giorno un caso strano: in un convegno mi trovo di fronte una persona e ho l’impressione di guardarmi allo specchio. La donna aveva sei o sette anni più di me, ma tra noi c’era una somiglianza fisica impressionante. Più che sorelle. Vedevo me qualche anno dopo: nel viso, nei gesti, nel modo di parlare, la pettinatura, la risata. Una cosa davvero sorprendente.
Ci presentarono, rimarcando la somiglianza.
Poi lei aggiunse con un sorriso: ero la moglie del professor G., ho sentito parlare di lei.
giugno 30, 2005 alle 4:10 PM |
gasp! che storia! anche io ai tempi dell’università ho avuto a che fare con il doppio… ma è una storia lunga… ciao! z
giugno 30, 2005 alle 4:13 PM |
e raccontala, dai.
giugno 30, 2005 alle 4:24 PM |
urca, meno male che sono scappato quasi subito. 8)
giugno 30, 2005 alle 5:02 PM |
😀
giugno 30, 2005 alle 6:58 PM |
ciao flo.
luglio 1, 2005 alle 11:29 am |
Storia interessante sul serio.
Scritte bene, anche.
(Ma quante storie belle hai, tu, nel cassetto?)
luglio 1, 2005 alle 2:17 PM |
povero professor G.
abbandonato con la racchia
e perseguitato dalla ex.
mah!
luglio 1, 2005 alle 5:42 PM |
ciao flou. stacco tutto e mi dissolvo per un po’.
torno a leggere le tue meravigliose cose a settembre…
buona estate
nuv
luglio 2, 2005 alle 12:10 PM |
ciao flou, nn posso nn metterti un saluto passando di qui…..;.)
luglio 3, 2005 alle 8:41 PM |
incredibile, a me una cosa simile è capitata con un ragazzo. un giorno ho visto la foto della sua ex e…
m.
luglio 3, 2005 alle 9:26 PM |
chissà se lui aveva razionalizzato la somiglianza…. oppure è stata una reazione inconscia…
luglio 3, 2005 alle 10:34 PM |
a me sembra un incanto, una situazione così, poter esser sfuggiti prima di essere stati avvicinati, poter aver una storia sulla pelle, senza il disturbo di averla scritta– un meraviglioso esercizio di stile, in termini esistenziali– brava sempre tu
luglio 3, 2005 alle 11:01 PM |
ciao, sono tornata.
luglio 4, 2005 alle 10:41 am |
me lo sono chiesta sempre anche io se razionalizzasse la somiglianza. secondo me era più forte di lui.
l’ho incontrato qualche mese fa, a un convegno. l’ho salutato da lontano, con un cenno della mano e ha risposto sorridendo. ma non mi sono arrischiata ad avvicinarmi.