Danzano in coppia, gli esseri umani, su ritmi di bisogni spesso incolmabili.
Adattandosi al passo dell’altro per paura di danzare soli o sfidando l’altrui presenza per imprimere il proprio tempo e condurre.
Timorosi spesso di sperimentare passi propri o virtuosistici assoli.
Verrebbe voglia di intervenire, a volte, dove si vede un movimento interrotto o uno slancio di troppo.
A correggere una volta o un passaggio.
Ma senza adeguata preparazione tecnica ci si stira e lacera i muscoli, ivi incluso il cuore.
Spesso quello degli altri.
Allora mi siedo e mi limito a osservare. E all’invito: scusi, vuol ballare con me?, prendo respiro e tempo. E poi m’alleno.
Anche a star ferma, se necessario.
Che di bisogni impellenti io non ne ho, riesco anche a fermarmi su un solo piede e addormentarmi, come fossi una gru.
Io sono buona solo se respiro in sincronia, se un po’ alla volta imparo senza fretta controllando l’affanno, con la giusta paura di cadere e il contrappeso del coraggio per rialzarmi.
Di una figura perfetta amo motivazione, energia e rigore formale. Lo sforzo che la modella e che nel tempo si fa lieve.
Nella bontà spontanea non c’è talento, ma qualcosa che assomiglia un po’ troppo alla paura.
O alla parente sua più prossima: una colpa.
giugno 15, 2006 alle 4:14 PM |
io al contrario ballo sempre da solo. perfettamente immobile. la mia danza interna! z
giugno 15, 2006 alle 4:18 PM |
“grazie prego scusi torneró” (puó sembrare che io stia scherzando, ma é una risposta che mi hanno dato spesso)..
giugno 15, 2006 alle 4:20 PM |
(è il seguito logico e affettivo del post precedente, nulla di più)
giugno 15, 2006 alle 7:14 PM |
Il tuo animo da tanghera viene fuori,
finalmente.
con affetto Apo.
giugno 15, 2006 alle 7:54 PM |
… Questo cuore… sempre pronto a battere forrte ed a confondere, a rimescolare tutto nell’anima… Ed a far male…
Flou, e se prendere tempo per paura di queste conseguenze facesse perdere ciò che di bello c’è in quello che capita?
giugno 15, 2006 alle 8:02 PM |
flou, è da oggi pomeriggio che danzo, da solo, intorno a questo post. e mi sono, letteralmente, incagliato sulla sua fine. ché è vero che nella bontà spontanea non câè talento e forse neanche paura, ma colpa sì. o una sensazione di colpa. e mannaggia io a volte me la sento addosso questa sensazione di colpa, forse di non aver dato abbastanza quando dovevo, e questa bontà spontanea.
lo so, non si capisce il commento, ma grazie, se te lo dico, per questo post, si capisce?
(poi, ma so che non ti solleverà , oggi han tentato di distruggermi il bagno, che piove dalla signora di sotto. io mi sono opposto strenuamente, cercando di spiegare che, d’estate, un po’ di pioggia fa solo piacere e refrigerio. ma non m’han creduto. lunedì tornano. e distruggono)
giugno 15, 2006 alle 9:54 PM |
zop, tu dentro sei molto dinamico.
ti credo, brezza. conosco il genere.
apo, bentornato. ancora prima del tango, che non imparai mai pur risuonandomi imperiosamente dentro, ebbi una maestra di pasodoble, che ovviamente si chiamava carmen ed era senza pietà . avevo un compagno di ballo tedesco, con un incredibile senso del ritmo e del rigore, per tacere delle pause appropriate.
me la sarei portata a casa, quella maestra.
stefko, tu sei un altro di quelli che non distinguono la pausa creativa da quella distruttiva. e hai anche il vizio della bontà , per di più.
francesco, compagno di sventura.
ti prometto una serata di meditazione sul tema della bontà , arricchita da vini idonei. che tanto l’altro terrazzo è ancora indenne e può ospitarci.
terrò anche il baffetto.
giugno 16, 2006 alle 9:15 am |
“Prego, vuol ballare con me?
Graazie, preferisco di no! Non ballo il tango col casquet, percio’…
Prego, grazie prego scusi tornero’!”
Scherzi a parte, anch’io ho sempre preferito i “cattivi” che decidono di essere buoni ai “buoni” per DNA.
Almeno i primi hanno fatto una scelta per essere cio’ che sono…
giugno 16, 2006 alle 9:39 am |
ah, io non rifletto mai così tanto in un ballo di coppia.
ci provo, imito, invento, vado a braccio.
infatti faccio anche ridere, spesso.
e poi
soprattutto sbaglio il tempo,
lì davanti a tutti.
un’ignominia, una vergogna che non dico.
giugno 16, 2006 alle 11:09 am |
…perchè mi ostino a venir qui e a prender botte non lo so, è una di quelle cose che avrei voluto scrivere io e che invece hai scritto tu, che per me ballare è come andare in giro nudo per corso vittorio emanuele, eppure ho il senso del ritmo….
giugno 16, 2006 alle 11:11 am |
c’è un detto delle mie parti: “tre volte bon fa mona”. ad essere troppo buoni, si finisce per essere stupidi. ma “l’è tre volte bon” significa anche “è un incapace” (in una particolare cosa o in generale).
ad esempio, mio bisnonno che era prezzatore di bestiame ad essere troppo buono ha finito con il lasciare in eredità alla sua famiglia una marea di debiti a poco a poco ripianati da sua moglie che aveva un carattere ben diverso.
io credo che nell’essere troppo buoni ci sia qualcosa di una resa, come quando si cede di fronte ad un proprio diritto senza far sentire la propria voce al momento opportuno, oppure quando si rinuncia alla responsabilità del proprio ruolo o a quella di una propria scelta rimettendo ad altri ogni decisione.
però non so se è di questo che parli quando parli di bontà spontanea. forse questa in fondo non è nemmeno bontà , è più timidezza, o pusillanimità o forse qualcos’altro.
in realtà la bontà non è soltanto questo. si può essere buoni senza esserlo tre volte, ad essere buoni si possono fare scelte di vita impegnative in cui ci si può mettere anche l’anima.
[domani invece forse vado a fare un piccolo stage di pizzica!!!]
giugno 16, 2006 alle 11:23 am |
per questo non ballo sono lontana da armonie conquistate
giugno 16, 2006 alle 11:59 am |
io nemmeno ballo. è una cosa che mi fa vergognare un poco, anche nei balli di coppia.
si crea un’intimità insostenibile, ma so che è colpa mia. come se una parte più libera e animale venisse fuori.
e non mi piace che venga fuori così, con chicchessia. mi imbarazza troppo, troppissimo.
per contro vorrei un innamorato a cui piacesse molto ballare e che imparassimo a ballare insieme. allora non mi vergognerei nemmeno un pochino.
giugno 16, 2006 alle 12:46 PM |
quella bonta’ li’ non ha niente di spontaneo, assomiglia piu’ al self-conscious inglese.
ma quanta gioia nell’abbandono del corpo affidandosi interamente alla musica e all’altro!
e solo con la pratica si raggiunge il rigore morale e anche la liberta’ di inventare muovendosi tra le forme.
cosima
giugno 16, 2006 alle 12:59 PM |
Cara Coscienza,
raccontami ancora di quella volta che avevi ballato sui tavolacci di un bistrot con una rosa tra i denti e la gonna con lo spacco.
Tua invidiosissima Flounder
Cara Flounder,
erano altri tempi. Allâepoca mi chiamavano la Regina del Mambo, facevano a gara per venirmi a guardare.
Tua nostalgica Coscienza.
Cara Coscienza,
e poi cosa accadde? Cosa stroncò la tua fulminante carriera?
Tua goffa Flounder
Cara Flounder,
mi fu affidato lâincarico di occuparmi di unâimbranata totale. Da allora non ho mai smesso.
Tua doverosa Coscienza.
Cara Coscienza,
mi tratti come quelle vecchiette che hanno bisogno dellâaccompagnamento.
Tua permalosa Flounder
Cara Flounder,
su una sola cosa non posso mai darti torto: hai una logica deduttiva impressionante.
Tua âdate a Cesare quel che è di Cesareâ Coscienza
giugno 16, 2006 alle 1:53 PM |
quando si balla insieme e bene, il tuo innamorato è il tuo ballerino.
lo vuole il ballo.
mentre balli bene come puoi non innamorarti un po’?
è assolutamente necessario.
poi ci si separa e si torna a sedersi, tutto perfetto: resta uno sconosciuto.
giugno 16, 2006 alle 1:56 PM |
io credo di avere una mentalità un po’ quacchera. ma è che certi balli – proprio per questa ragione – mi mettono terribilmente a disagio.
ci sono poche cose su cui mi sento terribilmente complessata: il ballo è una di queste.
giugno 16, 2006 alle 2:14 PM |
questa maestra qua che si chiamava Carmen, che insegnava pasodoble e sevillana, soleva spiegare a noi allievi che le sevillanas non sono quattro, come solitamente si afferma, bensì cinque.
e quando l’allievo tedesco chiese di imparare la quinta, con tutto il suo zelo e la buona disposizione possibile, lei rise e rispose: no puedo, la que falta es la sevillana de la cama.
Werner arrossì tutto, interamente compreso nella sua tedeschità .
giugno 16, 2006 alle 2:30 PM |
Ballare e’ liberatorio, come cantare. Accendere lo stereo, mettere su quel pezzo che ti piace tanto, quello che vorresti sentire proprio in quel momento, e ballare da sola al centro della stanza, cantando e seguendo il ritmo. Allevia la tensione.
Il passo doble… dipende da chi e’ il “doble”…
p.s. le persone buone di natura spesso mi innervosiscono, scambio la bonta’ a 360 gradi con la passivita’. tutto va bene. Ma probabilmente e’ solo un problama mio…
giugno 16, 2006 alle 2:46 PM |
ecco, cantare è più facile, mi viene meglio.
(ma attenzione: questo post metaforizza assai, eh)
giugno 16, 2006 alle 4:35 PM |
stesso desiderio, stesso disagio
giugno 16, 2006 alle 4:40 PM |
se il ballerino é bravo io non posso resistere..dal punto di vista del ballo sono di facili costumi..ma solo se é bravo..eppoi é tutta colpa sua..io non potevo fare altro che seguirlo..;-)
giugno 16, 2006 alle 4:46 PM |
Non per la qualità della tua danza
Balla per me
Balla per me
CCCP – Epica Ethica Etnica Pathos
giugno 16, 2006 alle 5:26 PM |
…pacificami il cuore…
giugno 16, 2006 alle 7:43 PM |
nel ballare la cosa difficile per me è sempre stata sapersi affidare all’altro.
“è l’uomo che guida, lasciate fare a lui”.
(è che quando sento questa frase e guardo il ballerino davanti a me, mi scappa sempre da ridere)
(ma non per l’imbarazzo, lo ammetto)
lisa
giugno 16, 2006 alle 8:03 PM |
dadau, in bocca al lupo per la pizzica. ti divertirai da morire.
(mi basta solo nominarla e già mi risuona nelle orecchie e dovunque)
giugno 16, 2006 alle 9:34 PM |
un corso di sevillanas?
ma dillo prima, flounder! :))
una delle più belle che ho ballato.
con un gay, simpatico da morire, facevamo coppia fissa sempre :))
giugno 16, 2006 alle 10:15 PM |
Hai ragione Flou, non ho mai creduto nelle pause di riflessione…
giugno 16, 2006 alle 10:56 PM |
più pausa o menopausa?
(questo è il dilemma)
giugno 16, 2006 alle 11:45 PM |
Se uno specchio avesse una pausa di riflessione, verrebbe meno alla sua funzione?
giugno 17, 2006 alle 2:33 am |
Zu, e se si mettesse uno specchio sano davanti ad uno in pausa di riflessione, pensi che quello sano si risentirebbe di non essere riflesso? 😀
giugno 17, 2006 alle 2:40 am |
Flou no, dai, già la menopausa di riflessione… Abbiamo ancora tanto tempo a disposizione… 😀
giugno 17, 2006 alle 7:08 am |
Stefko, son domande cui saprebbero rispondere solo le allodole.
giugno 17, 2006 alle 9:32 am |
ah, no, quelli per le allodole no.
non li sopporto.
giugno 17, 2006 alle 12:19 PM |
il senso di colpa…veleno dell’anima inventato da una perversa cultura occidentale per assoggettare e manipolare le vittime: noi. Ma è possibile ribellarsi e spezzare le catene annullando il suo potere e tornando liberi.
giugno 17, 2006 alle 1:17 PM |
sarò controcorrente ( o bastiancontraria, come mi rimproverano spesso), ma io invece sono favorevole ai sensi di colpa. Davvero, non la capisco questa voga della liberazione dal senso di colpa. Secondo me il senso di colpa è ciò che ci rende umani.
Mi terrorizza un mondo dove non esista il senso di colpa.
io vorrei che chi mi ha fatto del male si sentisse in colpa, e parecchio anche.
E spero di non smettere mai di sentirmi in colpa per i torti che faccio io.
Certo, bisognerebbe riuscire a non sentirsi in colpa per colpe che non si hanno, ma questo mi sembra ovvio
giugno 17, 2006 alle 1:24 PM |
però sono d’accordissimo col contenuto del post, che mi ricorda ciò che mi insegnò un prete da bambina ( non fanno solo danni) : che la bontà vera è una conquista. E anche l’armonia.
Mi fece proprio l’esempio dei ballerini ( o dei pattinatori, non ne sono certa) che compiono figure perfette, leggere, apparentemente senza sforzo, ma sotto c’è allenamento e dura disciplina.
La fatica c’è sempre, ma l’amore la rende lieve.
(io poi son pigra e non troppo disciplinata, ma almeno lui ci provò, a insegnarmi )
giugno 17, 2006 alle 5:48 PM |
Come fa ella a conoscere la parente più prossima della paura?
La colpa?
Vedi che scadiamo nella contraddizione.
Secondo me la bontà è una cosa che uno si porta dentro da bambino.
E’ un modo di concepire l’esistenza alla fine.
Le cose personali non la intaccano.
Anche se siamo rei di cople, e chi non lo è, avvertiamo come un qualcosa che previene a noi e la seguiamo, ma non per precetto o paura appunto, ma per scelta che ad ogni prova si rinnova, ad ogni prova.
Povero è colui che sceglie di essere buono senza esserlo.
Prima o poi qualcosa cederà .
Scusami ma adesso vado a commettere un piccolo peccato.
Un saluto.
Rob.
giugno 17, 2006 alle 5:59 PM |
Non so se gli specchi siano davvero per le allodole, sta di fatto che al mattino presto li han loro in bocca.
giugno 17, 2006 alle 10:46 PM |
…con una sottile ironia e un pizzico di distacco spesso si legge la vita…
Lieta di essere giunta son qui…è bello leggerti.
Un saluto in volo…
giugno 18, 2006 alle 9:57 PM |
Flou si scherza eh …
Rob.
giugno 19, 2006 alle 1:06 am |
(bella, quella cosa delle storie al posto degli atomi)
lisa
giugno 19, 2006 alle 10:16 am |
che il giorno nuovo ci faccia cattivi e imperfetti, amen.
giugno 19, 2006 alle 10:35 am |
ne ‘l’edipo a colonia’ trovo davvero azzeccato quel “riassumendoci”. Come Flaubert noi si cerca la parola perfetta e talvolta la si trova. Hai letto Erodiade di Flaubert? (tre racconti)
Buona Giornata
giugno 19, 2006 alle 7:30 PM |
ma io sono già cattiva e imperfetta, forse per questo oggi non ho notato alcuna differenza.
approfitto dell’insolita quiete che regna oggi qua per un OT : Flo’, bella la frase che hai aggiunto nella colonna a sinistra, ma è quasi estate, spira aria di partenze, c’è voglia di leggerezza… Insomma secondo me è ora di cambiare quel dipinto di Hopper.
Che m’è sempre piaciuto tantissimissimo e mi sembrò perfetto quando lo inseristi. Ma ora non mi sembra adatto alla nuova stagione e mi immalinconisce un po’.
Vorrei vedere quella donna smettere di attendere, alzarsi, vestirsi di un nulla di abito e andare.
L’ho detto.
😉
giugno 19, 2006 alle 10:06 PM |
Dance Dance Dance, che come dice Murakami l’importante non è quando, come e con chi, l’importante è continuare a balllare ^_^ (che potrebbe sembrare anche il consiglio di un esagitato, però!)
Bello il ballo come metafora dei rapporti con gli altri. A me da’ fastidio ballare, sono proprio un imbranato, però con i lenti ci so fare, e che ci vuole, un po’ d’atmosfera, passi dolci e una bella compagnia 😉
giugno 19, 2006 alle 10:23 PM |
è da stamattina che ho questo pittore in mente, ma non riuscivo a ricordarne il nome per poter ritrovare questo quadro.
non rappresenta una partenza, ma una storia che si assopisce e sogna se stessa.
giugno 19, 2006 alle 11:10 PM |
(ollallà , Leighton!!)
🙂
lisa
giugno 20, 2006 alle 11:30 am |
ecco, vedi. quando finalmente credevo di averne individuato il nome – e che fosse Waterhouse – scopro che invece è un altro.
e allora qui scatta una domanda all’esperta, una domanda che non ho mai formulato:
lisa, perché i Preraffaeliti si chiamano così? è una questione tecnica o concettuale?
giugno 20, 2006 alle 12:03 PM |
soprattutto concettuale, direi
o meglio ideale
però dovrebbe avere anche riflessi sulla tecnica
però io non sono un esperto, non mi chiamo lisa e quindi me ne taccio e attendo..
giugno 20, 2006 alle 1:03 PM |
la domanda l’importante è: ma i preraffaeliti sapevano d’esser tali?
Ovvero:
abbiamo consapevolezza di ciò che siamo, qui e ora?
Il futuro ci chiamerà pre o post qualcosa?
giugno 20, 2006 alle 2:45 PM |
il mondo si dividerà in preherzogiani e postherzogiani?
giugno 20, 2006 alle 3:17 PM |
ci sono anche gli herzoghiani di mezzo, ma è gentaglia da evitare come la peste (son anche portatori sani di qualcosa, adesso non ricordo)
Inanto basisco per la spiegazione preraffaelitica, courtesy privata della signora Riccio
giugno 20, 2006 alle 8:04 PM |
alloooora.
era una questione più che altro di scelta di punti di riferimento (quindi ideale e spirituale) e poi, di riflesso, anche tecnica: i “primitivi”, quelli prima di Raffaello, vengono individuati come pittori genuini, spontanei, a contatto con uno spirito religioso che con l’andare del tempo si era perso (tipo una cosa dell’età dell’oro, però applicata alla pittura: tutto quello che viene prima di Raffaello – considerato dalla critica, oltre a Michelangelo, il non-plus-ultra “punto di arrivo” della pittura di tutti i tempi – è considerato molto migliore di quello che viene dopo).
e in quel periodo, seconda metà dell’ottocento, magari c’era bisogno di riscoprire un po’ di genuinità e di spiritualità , dopo l’ondata di positivismo e di industrializzazione che aveva spopolato, soprattutto nell’Inghilterra vittoriana.
e poi c’era il fatto che nel campo artistico fino ad allora l’arte cosiddetta “classica” (non solo l’arte greca e romana, ma anche quella di Raffaello e di Michelangelo) era quasi sempre stata un concetto intoccabile, e pure un po’ ristagnante.
insomma: le acque andavano un po’ smosse, sia con pensieri un po’ nuovi (la rivalutazione di tutto quello che era pre-classico, pre-industriale, pre-positivista, anche se in tutto ciò non è che ci sia poi tutta ‘sta gran novità ), che con una pittura differente.
il vecchio e sempre valido revival, quando c’è un po’ di crisi, è quello che funziona (quasi) sempre.
e poi ci sarebbe la questione tecnica: seguendo nelle scelte pittoriche come modello i pittori ante Raffaello, si mirava anche ad un recupero genuino delle antiche tecniche degli antichi maestri (anche se tutti, almeno dal â6-â700 in poi, hanno rivendicato una continuità con la tradizione rinascimentale che poi non c’è stata, e questo soprattutto nell’Ottocento).
e poi Leighton lo dovremmo mettere nella cesta con su scritto “olympians”, che a differenza dei preraffaelliti, prendevano a modello la classicità (ma in un modo molto diverso dal neoclassicismo: con quello stesso spirito di recupero di una spiritualità diversa, unito a quel gusto sensual-estetizzante che non guasta mai)
ho fatto un gran casino, ecco.
mi ci vuole del tempo e dello spazio.
(a voce, loggiuro, mi viene meglio)
lisa
giugno 20, 2006 alle 8:36 PM |
non ci credo.
“molto migliore”.
sopprimetemi, vi prego.
🙂
lisa
giugno 20, 2006 alle 11:03 PM |
lisa, questi preraffaeliti mi affascinano molto. vorrei essere una di quelle donne lì.
(grazie della spiegazione e grazie anche a riccio)
giugno 21, 2006 alle 12:07 am |
e poi hanno sempre dei vestiti bellissimi.
lisa
(secondo me, invece, quelle donne lì vorrebbero essere te, Flo’)
giugno 21, 2006 alle 10:31 am |
hopper mi piace parecchio i suoi quadri sono istantanee sulla vita. Mi piaceva il quadro di prima questa chi e’?
giugno 21, 2006 alle 1:43 PM |
questa sono io con i miei vestitini vietnamiti di shantung.
sto sognando di essere la donna che guarda fuori dalla finestra e che però non riesce a vedere nulla.
giugno 21, 2006 alle 4:05 PM |
prova col valium…