L'hammam? Questione di punti di vista.

La Volpe del Deserto ci aveva sconsigliato di dormire a Ouarzazate, come avevamo previsto, e bene aveva fatto, considerata l’assoluta finzione del posto, consigliandoci invece di arrivare ad Ait Benaddhou, scenario naturale di tutta una serie di film in costume, città che di volta in volta simula la Persia, l’antica Roma e finanche se stessa, dove la nostra Yasmina si incarna in Dominique, Frédéric e Aicha, mamma e figlio francese, nuora berbère, titolari di un albergo delizioso con una cucina superba in cui capitiamo a causa dell’altro albergo in cui eravamo diretti e che era inspiegabilmente chiuso e di una puntata in altra topaia, come di prammatica.

Dopo aver annusato lenzuola e cuscini, che ormai è la mia pratica quotidiana prima di dare l’occhèi definitivo e aver provato ictu nasi e non priva di un certo razzismo, che non c’è traccia di fluidi corporali berberi, decreto.

Alì Babà, questo albergo deve essere nostro.

Ma quanto costa?

Mo’ vado a sentire…mmmhh…dice 200 dirham a persona con la mezza pensione…totale 400.

Gazelle, ma sei sicura? Ma hai capito bene? Guarda che questo posto è troppo chic, domani paghiamo 400 a persona, ma tu sei sicura che hai capito bene?

Ho capito bene.

Chiedi un’altra volta.

Chiedo un’altra volta.

Ma sei certa?

Ora, se c’è una cosa che mi fa nervosa è quando uno mette in dubbio che io conosca il francese, sicché taglio corto e stabilisco che se ho capito male, chiameremo la Finanza.

C’è una terrazza stupenda, piena di vento. Se non fosse che siamo appena scesi dall’Atlante, direi che si vede il mare. Solo noi e un’altra coppia, parlano tutti a bassa voce, cucinano una pastilla, madò, che paradiso.

Dopo cena ci facciamo una passeggiata e aiutiamo un venditore berbero analfabeta a scrivere una lettera in italiano.

Per ringraziarci decide di leggermi la mano, i polsi, le falangette, il collo, le clavicole e qualunque altra parte scoperta del corpo. Poggia le mani di qua e di là, sotto l’occhio vigile di Alì Babà, dopodiché afferma con certezza che sono divorziata e ho una figlia con un altro uomo, che ho perso un genitore da non molto e che tra due mesi esatti riceverò una notizia bellissima. Stante la veridicità delle prime due affermazioni, decido all’istante di prendere per buona la terza e mi pongo in fiduciosa attesa.

Raccogliamo in quel di Ait Benhaddou un’altra delle perle di saggezze che di tanto in tanto ci forniscono, e che stavolta suona così: sai qual’è la differenza tra un cammello e una donna?

Il cammello ti serve per attraversare il deserto, la donna per attraversare la vita.

(Sempre a patto che sia coperta, velata, che non abbia accesso al mercato dei beni, che non voglia monetizzare il suo lavoro, che metta al mondo almeno tre maschi e cose così, ça va sans dire!)

Dopo aver visto tremila ksour il panorama comincia a farsi monotono e siamo tutti eccitati dall’arrivo a Marrakech, ignari – ahinoi – che questa città è un incubo che si rivela tale fin dal primo istante: caldo, folla, un’aggressione continua per le strade, cibo pessimo.

La famosa piazza patrimonio morale e immateriale dell’Umanità è un delirio: orde di turisti si accalcano intorno alle bancarelle, orde di berberi si sfogano in attesa della cena. Unica cosa positiva: la galanga, un’eccitante bevanda a base di ginseng, zenzero, cannella, noce moscata, chiodo di garofano, lavanda, anice stellato, cardamomo e un altro paio di cose. La spacciano come viagra marocchino e pare faccia miracoli. Noi invece per due sere di seguito, ci addormentiamo all’istante, che pure, col caldo che fa, è un discreto miracolo.

Stanchi e accaldati e anche un po’ stressati, decidiamo di ricorrere ai buoni uffici dell’hammam di fronte casa. Che siccome siamo tipi duri, noi mica andiamo a questi hammam per turisti, macché. Noi andiamo a quello pubblico, quello che costa 10 dirham, con le signore e i signori marocchini veri. E’ dall’inizio del viaggio che lo desideriamo, e non abbiamo mai avuto tempo. E’ dall’inizio del viaggio che favoleggio di hammam orientaleggianti sotto l’influsso di pittori francesi e femmine languide e discinte, dopo che Alì Babà, la sera prima di partire per il Marocco mi ha portato pure in un posto scicchissimo a Roma a fare tutte quelle cose di acqua vaporizzata, essenze profumate. Che mi ha portato pure a Saturnia. Che abbiamo passato sabato scorso tutto il giorno alle terme a sudare e sciaquettarci. Insomma, è un dato certo che siamo tipi da bagno turco, noi.

Partiamo belli attrezzati con guanto di crine, sapone nero che puzza da morire ma fa la pelle bella bella, io la porta di sinistra, Alì Babà in quella di destra.

E qui le versioni dei fatti divergono. Io fornirò la mia.

Appena arrivo all’hammam si prendono le mie cose in custodia, per miseri cinque dirham, e mi chiedono se voglio un massaggio. Io lo vorrei pure, ma non ho sufficiente denaro con me, sicché desisto. Mi dicono allora di spogliarmi e tenere su le mutande.

Dopodiché mi mettono in mano un secchio grande e uno piccolo, per l’acqua calda e la fredda.

Dopo un po’ mi si avvicina una gigantessa nera che aveva sentito la storia del denaro e decide di offrirsi per strigliarmi tutta quanta. En amitié.  Poi si avvicina un’altra e mi regala dell’henné per la pelle, poi un’altra ancora che mi offre un impacco di argilla per i capelli. Così, tra una chiacchierella e l’altra, sedute per terra in mezzo ai vapori caldi e l’acqua bollente che ci scorre ovunque, se ne passa un’oretta abbondante. Dopodiché rilassata, morbida e profumata, mi siedo nello spogliatoio per assistere al miracolo della vestizione. Fuori ci sono quarantasei gradi.

La giovane marocchina di fronte a me indossa, nell’ordine, un mutandone di lana a costine lungo fino alle caviglie, una maglietta della salute a mezze maniche, una tuta di felpa in due pezzi, la tunica di rigore e l’hijab fermato con una spilla, fino a pesare dieci chili in più. Io che sono un’infedele, mi metto pantaloni e magliettina e corro a casa, pensando di prendermi un libro e salirmene in terrazza a guardare il tramonto, immaginando che Alì Babà si sia perso nei fumi vaporosi e che arriverà bello, morbido e profumato come me, tonico e sbarbato.

Macché.

Trovo un uomo incazzato nero.

Ma che è successo?

Che è successo? Che cosa NON è successo, vorrai dire.

E mi fornisce la sua versione dei fatti. Che non è dissimile, no. E’ proprio un altro fatto.

A questo punto fuggiamo a gambe levate da Marrakech, è la fine del sogno berbero.

Ci attende la costa, l’oceano, il destino.

4 Risposte to “L'hammam? Questione di punti di vista.”

  1. Flounder Says:

    caro Alì Babà, vengo or ora ad apprendere che non siamo capitati nel Dar Aicha per puro caso nè che tutta la chiacchierata col  berbero sui djinn cascava dal nulla.  Aicha, infatti, è la regina dei djinn marocchini, la loro capintesta.Lalla (lalla vuol dire signora, si usa per le personalità) Aïcha è una figura complessa che incarna i fantasmi maschili e femminili: dall'amante ideale alla madre fallica, dalla follia amorosa alla perdita di sé. Sposata con il  djinn Hamou Qiyu, è identificata con la dea Astarte, venerata dai cananei, ebrei e fenici e che come voi mi insegnate, si ipostatizza in quellà là, la dea Fortuna.ho detto tutto 🙂

  2. anonimo Says:

    elle est marié avec un djiin !

  3. anonimo Says:

    ma sei sicura sicura di capire il francese ?

  4. Flounder Says:

    solo i giorni pari 😀

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