‘O cazzo nun vo’ pensieri. Un breve compendio di biologia, neuroscienze e saggezza classica.

Ogni anno ha un inizio tutto suo. La sera del primo gennaio, mollemente adagiata su un divano non mio, in una casa non mia, con un bel libro non mio in mano, facevo una pausa di lettura e mi chiedevo che cosa ne sarebbe stato di me, di quest’anno che entrava, del come ci sono entrata io, esattamente all’opposto di come avrei immaginato di volerci entrare. Mi chiedevo se c’era qualcosa che potessi già immaginare o desiderare, se fosse già il momento di cominciarci a pensare o invece lasciar fluire gli eventi, attendere. Se essere paziente o assertiva, se sollecitare il destino o lasciarlo pigramente al fatto suo, visto come  si era comportato negli ultimi tempi. Poi, un po’ per pigrizia, un po’ per una strana sensazione di dolcezza ovattante, da penombra non mia, copertina non mia e musica non mia di sottofondo, mi sono detta che non era il giorno giusto per pensarci. Che questa prima settimana era una vacanza della mente, dello spirito. Una vacanza dall’ansia, soprattutto. E così sono andata direttamente al due gennaio, intendendolo come primo giorno dell’anno. Pronta all’ascolto di qualunque cosa incontrassi, senza pregiudizi. Con un senso di grande libertà di spirito e di novità. Come se nulla fosse mio, né dovesse diventarlo.

Io poi ammetto che per quanto mi interessino la psicologia e le neuroscienze, poi alla fine resta un fatto amatoriale, anche un po’ ignorante. Tipo che mi credevo che il cervello limbico, quello con tutto il fatto dell’amigdala, era il cervello antico, il più antico che possedevamo. E invece no. In un tot di ore, e anche a più riprese, mi sono sentita tutta la spiegazione che mi ha fatto l’amico mio scienziato. Vabbè, scienziato è parola grossa. E in effetti pure amico mio è eccessivo. Insomma, il tizio che mi ha spiegato il cervello e pure un sacco di altre cose.

Pare dunque che l’uomo non abbia istinti. Che detta così non sembra credibile. E invece lo è, perché mi ha spiegato che confondiamo l’istinto con la pulsione: il primo è autoregolato, il secondo è condizionato. Che detto più terra terra vuol dire che l’animale ammazza solo per mangiare, si accoppia durante il calore, trasmigra quando fa freddo e cose così. Mentre noi beviamo whisky, fumiamo sigari cubani e ci mettiamo le calze a rete. Ma non è così banale e riduttivo. Il problema è proprio del mammifero in quanto tale, fosse pure leone o gazzella: se li tieni in cattività e poi li liberi nella giungla, si sono scordati chi sono e si fanno sopraffare pure dal gattino di casa. Se invece fossero rettili, li potresti tenere in cattività per generazioni, poi prenderesti l’ultimo serpentello della covata, dopo trecento anni che la famiglia vive in un terrario, lo porteresti nella foresta, e quello saprebbe perfettamente che deve fare per non farsi fottere. E forse pure per questo si dice, di qualcuno che sa sempre come fregarti, che è una serpe. Ovvi’, la saggezza popolare?

Da qui la teoria del cervello tripartito, che è di un tizio che si chiama, forse, Mc Lean: pare che in testa abbiamo un cervello rettiliano, uno limbico e uno un po’ più moderno. Il primo ci serve a scappare se sentiamo puzza di gas, se vediamo una tigre nel salotto. E’ quello che mantiene l’omeostasi, protegge il sistema cardiaco, riproduttivo, presiede al senso dello spazio, del territorio e del significato puro, prima ancora che ai livelli superiori intervenga la pippa mentale o la complicata costruzione di autogiustificazione e autoindulgenza per fare qualcosa che ci piace. Il secondo è quello che ci fa piangere al cinema, ci fa innamorare di una tale e quale a mammà, che ci ricorda l’umiliazione dell’interrogazione della seconda elementare, ci fa abbracciare la tale fede politica e presiede alla produzione di tutte le madeleines dell’universo. Il terzo, infine, un poco più moderno,  serve a fare le cose cognitive: addizioni, sottrazioni, rime baciate, contabilità, arte figurativa, passi di cha cha, calcolo del mutuo, preparazione di pasti in tre portate per gruppi di quindici persone e cose così.

Ora, parrebbe che lo sviluppo e l’evoluzione del cervello, nonché la sue successive specializzazioni funzionali, tipo i lobi frontali e tutta questa parte deputata alle funzioni cognitive, abbiano parzialmente scalzato il cervello rettiliano, imponendogli una nuova tempistica, regole diverse, un migliore adattamento al mutamento ambientale, ma al prezzo di privare l’uomo del suo istinto per compensarlo con la moneta falsa delle pulsioni, che sono una specie di istinto deviato, starato, una memoria dell’istinto che però viene contaminata dalle immagini che il lobo frontale raccoglie e che assolutamente identifica come realtà. Il problema delle pulsioni è che non sono capaci di autoregolazione, a differenza dell’istinto. E questa è la ragione per cui si diventa alcolisti, tabagisti, obesi gravi e maniaci sessuali. Per cui bisogna intervenire sul mondo delle pulsioni per regolamentarle.

A questo punto sorge il problema, perché se da un lato sappiamo che l’istinto sta conservato e acquattato nel cervello rettile, proprio dove comincia la colonna vertebrale, non sappiamo esattamente, dove si formino le pulsioni. O meglio, sappiamo che si formano a metà strada tra il cervello limbico, che è quello emotivo, e il cervello moderno, neocorticale, cognitivo. Quello che non a caso governa il Talamo, ma di questo parliamo dopo. Forse. Ma anche no. Che mi torna tutto il dispiacere.

Stando a metà strada tra i due sistemi, le pulsioni diventano un fatto difficile da governare, sono tutte un mescolamento di immagini e ricordo, sogno e paradosso, violenza e paura. E allora, arrivato a millemila anni fa, ecco che l’uomo, per governare le pulsioni, ti inventa via via i sistemi sociali, i riti, le religioni e le psicoterapie. Ovverossia dei sistemi di controllo complessi che giocano sui due cervelli, quello limbico e neocorticale, secondo le loro diverse modalità, e un poco col senso di colpa e il ricordo della dolcezza perduta, un poco con esercizi da praticare quotidianamente e ampie negoziazioni tra un lobo e un altro, ti permettono di stare al mondo in maniera più o meno decorosa.

In effetti si tratta di uno scambio conveniente: in cambio della possibilità di vivere in case col riscaldamento centralizzato, il pc, il telefono, il frigorifero, la lavatrice e il cane, di andare per cinema e musei, di poter diventare scienziati, ingegneri, poeti, santi e navigatori, noi cediamo l’istinto belluino e cerchiamo, nei limiti del possibile, di non scoparci la moglie di nostro fratello. Ma al di là della convenienza, pare si tratti in realtà di uno scambio necessario, dovuto all’evoluzione, per cui non resta che capire il funzionamento e vedere il buono e il malamente che c’è dietro la perdita dell’istinto e come ce la possiamo cavare per passare questi settanta, ottant’anni che teniamo a disposizione in questa terra.

Fondamentalmente, la prossima volta che sentite qualcuno dirvi che è un tipo istintivo, potete scegliere se farvi una risata o sputargli direttamente in faccia, secondo se volete attivare la vostra neocorteccia ed essere civili o affidarvi in toto al sistema limbico.

Dopo circa un’ora e mezza di questa spiegazione, il mio mentore è passato all’argomento successivo: ovverossia, il governo delle pulsioni. Premesso che non ci sta niente da fare, l’istinto non lo possiamo recuperare, la cosa migliore che possiamo fare è regolare le pulsioni in modo da allinearle su ciò che l’istinto farebbe, se fosse attivo. E qua le cose si complicano, perché se fosse così semplice, non ci sarebbe un mondo di pazzi, di gente che si compra il viagra per le défaillances ansiogene, di cocainomani o casalinghe ossessionate dal calcare nella vasca da bagno. Il problema è che il cervello limbico la fa da padrone.

Mi spiega il mio conferenziere privato che basta munirsi di un libro, le Lettere a Lucilio di Seneca, e leggerlo e introiettarlo fino a farne natura propria. Rileggerlo per settimane, mesi, applicando quanto si è letto e osservando intorno a sé quanto, di ciò che si è letto, si verifica ad altri. Leggere solo questo, senza concedersi, per lungo tempo, ulteriori stimoli intellettuali. Il problema, mi dice, non è ottenere il bene e accumularlo, ma riacquisire quello perduto. Immaginarci come un mastello e controllare tutte le doghe, per valutare che non ve ne sia una un po’ più bassa d’altre che faccia fluire all’esterno i contenuti immessi. Nel caso, sostituirla.

Pensarsi come pianta, vivere sapendo che siamo regolati dalla legge di Liebig, che non c’entra col brodo di carne, ma con la consapevolezza che la nostra crescita è influenzata non dall’ammontare delle risorse disponibili, ma dalla disponibilità di quella più scarsa. Solo l’aumento della somministrazione della sostanza più scarsa favorisce lo sviluppo e la crescita. Cercare la falla, il minimo presente in noi stessi e nutrirlo.

E’ stata una settimana istruttiva, non c’è che dire.

17 Risposte to “‘O cazzo nun vo’ pensieri. Un breve compendio di biologia, neuroscienze e saggezza classica.”

  1. certepiccolemanie Says:

    (ovviamente, ‘o cazzo è metafora del cervello rettiliano, ‘e penzieri di quello neocorticale. in mezzo sta quello limbico, che fa da tramite, da delatore, da mandante del danno e pure da vittima sacrificale.)

  2. Roberto Bernabo' Says:

    Io sto risolvendo con il buddismo. Ho notato che la pratica mi sta molto eliminando i desideri futili. Ad esempio ho smesso completamente di bere vino. Mi sento più sereno, vigile sulle cose, e attento ai bisogni degli altri, più che a quelli miei.
    Che cervello è mo’ questo?
    Na’ lacrima lucente.
    Rob.

  3. certepiccolemanie Says:

    sarà il mix limbico-cognitivo? non lo so, in settimana chiedo lumi e ti fornisco altre certezze 🙂

  4. certepiccolemanie Says:

    questa per esempio è la tipica canzone da sistema limbico, che se ne fotte sia dell’istinto di sopravvivenza rettiliano che della sapiente e razionale neocorteccia. 🙂

  5. esercizispiritualipersignorine Says:

    Fantastico! Nodo al fazzoletto per “Lettere a Lucilio” di Seneca…

  6. matho Says:

    scusate l’OT
    a me mi (e sottolineo ‘a me mi’) piaceva di più splinder.
    ciao flò.
    matho

    • certepiccolemanie Says:

      Non me lo dire. Io pure rivorrei splinder. Buon anno, matho.

      • Roberto Bernabò Says:

        Splinder funzionava malissimo, ha avuto dei meriti, non lo nego, ha fatto conoscere il blogging in Italia, ma non ha saputo crescere insieme al crescere della sua community, che ha poi venduto al primo offerente, decretandone la morte, e dimostrando che, al dunque, del blogging dei suoi utenti, non gliene fregava una ceppa.
        La community di sviluppatori di wordpress il cui motto “code is poetry”, è molto più seria, ed offre un prodotto qualitativamente molto superiore a quello che offriva splinder. Che s’indicizza molto meglio nei motori di ricerca, ad esempio, e che offre superiori potenzialità di qualunque piattaforma.
        Ma le cose si scoprono un po’ alla volta.
        Io adesso ho un blog stand alone basato su wordpress, e vi assicuro che la possibilità di custimizzazione, in quel caso, sono praticamente infinite.
        Rob.

  7. certepiccolemanie Says:

    noi non volevamo essere customizzati 🙂

  8. Neve-r mind Says:

    Per correre con freddezza in avanti rimanendo fermi è necessario amare la guida dei cani da slitta.
    Slitta Capo-brain-co , piacere.
    Essere il loro musher (pusher è una battuta).

    I cani nordici sono partners assoluti (in gara).
    Figuriamoci nella vita.

    Ecco un regalo che ti farei.
    Una bella corsa con la slitta (in parallello).

    I cani che corrono insieme al mio cuore che batte.
    E te al mio fianco (a distanza di sicurezza).
    Sulla tua slitta.

    A pensarci bene è una metafora emotiva di quello che prova il mio pensiero.
    A quelle temperature non c’è rettile che tenga.

    La termoregolazione del cazzo nel cervello rettiliniano, limbico e corticale.
    Ecco un bel titolo.
    Parallelo al più famoso donne che corrono con i lupi…

    Varianti : dog trekking , dog bike , dog kart .
    Varianti ultra : moto , auto , sciare.

    Sciare , fa anche rima.

  9. arimanew Says:

    Un’oscura pulsione mi spinge irresistibilmente a commentare: prezioso!

  10. certepiccolemanie Says:

    La perla di saggezza somministratami oggi, tra la legge di Chandelier e una citazione junghiana è: i testicoli, in senso fisico e metaforico, sono il diario di bordo della nostra esistenza, e di come l’abbiamo vissuta.

  11. testadiazzo Says:

    I testicoli si comprimono anche in rete.
    Esattamente : vengono compressi dal muscolo del pensiero.

    In questo caso l’attenzione controlla il desiderio/eiaculazione.

    Mi spiego.

    La mia esperienza dice che per averla , la densità di una donna, va diluita.
    Conosco gente che parla di spaccare, impalare, sfondare come se avesse un martello pneumatico.
    Io devo andare di scalpello.
    Di goccia in goccia.

    Entro dentro la montagna scavando delle gallerie (che poi ritrovo trasformate in percorsi d’attesa).
    Alcune volte mi infiltro come respiro.
    Sento la vena e la libidine che non vuole refluire.
    Accompagno così tutte le sensazioni al cuore.

    Chi spappola si definisce alpinista in verticale.
    Io non ci riesco.

    Ho bisogno di tutta la pelle, di scale interne e livelli che salgono da soli, di lenta espansione (la sveltina non mi piace).
    Salgo a ondate.
    E’ lei che mi trasporta.

    Quando trovo i tasti – praticamente dietro ogni angolo – lei si amplifica da sola.
    Provare a togliere.
    Quando arrivo in punta la montagna si scuote tellurica in slavina.
    Simultanea.

    Ascolto molto , in tutti i sensi.

    Ma non avevo ancora scoperto come si vive in rete il favoloso mondo del multiorgasmo femminile : un big bang all’incontrario.
    Risalire con il pensiero l’energia.
    Comprimendo il desiderio.

    E’ proprio un diario di bordo…
    L’orgasmo maschile sarebbe come accontentarsi dell’indice (quando c’è, e in un diario non c’è).

  12. certepiccolemanie Says:

    ecco, sono giorni, settimane, che vorrei questo. vorrei una cosa così. di respiro noto dentro di me, di cunicolo scavato sotto pelle e fino al cuore, di mani e abbracci sapienti che sanno, ricordano come stringermi. è un momento complicato, e all’amore non si può dire: salga a bordo, cazzo.
    è che un amore non dovrebbe mai abbandonare il comando della barca, non nei momenti difficili. non in quelli, cristo. non in quelli così difficili.

  13. Rodrick Klein Says:

    Si ha comunque l’impressione che a tutt’oggi non sia stato possibile sciogliere la dicotomia mente-corpo, biologico-psichico, corpo-anima ed anzi forse l’avvento di una vera “era psicofarmacologia”, con il fascino dei risultati, attraverso i quali si è dimostrato come l’ambiente chimico (neurotrasmettitori) del cervello alteri le sensazioni, la partecipazione, la produzione eidetica ed il comportamento, si sia accentuato il vallo che separa da sempre “il biologico” dal “mondo psico-mentale”.

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